La dieta mediterranea è più che mai un’alleata nella cura della malattia di Parkinson. Questo quanto emerso nell’ambito dell’incontro informativo “Parkinson e nutrizione: pillole di consigli”.
A promuoverlo la Fondazione Paolo VI e Mirt Park Project (un programma di riabilitazione multidisciplinare per i malati di Parkinson a cui la stessa Fondazione Paolo VI aderisce) che si è tenuto sabato 13 aprile, due giorni dopo la giornata mondiale del Parkinson, nella sala convegni del Centro Adriatico di Pescara.
Un incontro molto apprezzato e partecipato da diversi malati di Parkinson (accompagnati dai rispettivi caregiver), i quali hanno potuto beneficiare anche di consulenze private per fare il punto della situazione sul loro protocollo curativo, avviato dai saluti dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti: «C’erano dei pazienti che chiedevano aiuto», premette il presule, «ma ora in questa struttura c’è un settore specifico di specializzazione. Io l’ho capito ultimamente… Tutte le malattie, in particolare il Parkinson, hanno delle componenti che interagiscono e tra queste spicca proprio la nutrizione. Conosco malati di questa patologia nei quali, da quando hanno avviato un certo cammino sia di riabilitazione, sia di modularità dei farmaci e soprattutto di nutrizione, la realtà della malattia non avanza come purtroppo avviene in altri casi. E poi una nutrizione equilibrata fa bene sempre, non solo se una persona è malata».
In effetti la Fondazione Paolo VI, dallo scorso anno, ha avviato un percorso di approfondimento specialistico su questa malattia così invalidante: «Abbiamo avviato un percorso che è in costante crescita», spiega la dottoressa Elisa Di Tillio, direttrice generale della Fondazione Paolo VI, «questo è stato il primo incontro pubblico sul tema, ma vogliamo tenerne sempre di più per approfondire al meglio tutto ciò che concerne la malattia di Parkinson».
Sulla stessa linea il presidente della Fondazione Paolo VI: «Per quanto riguarda il Parkinson», evidenzia l’avvocato Peppino Polidori, «ci siamo affacciati a questa nuova esigenza puntando – come sempre – all’eccellenza, rappresentata da Mirt Park Project che già altrove ha avuto un ottimo sviluppo. Così abbiamo aderito al progetto, investendo in formazione e preparando i nostri sanitari essendo ora in grado di offrire questo servizio di consulenza, partendo dal modo più corretto di stare “a tavola”. Questo è il nostro modo di essere vicino ai pazienti, e ai loro familiari, che ogni giorno combattono contro questa patologia».
Ed è stata proprio la referente del Mirt Park Project presso la Fondazione Paolo VI, la neurologa e neuroriabilitatrice Carla Iarlori ad aprire con la carrellata di pillole di consigli per affrontare al meglio il Parkinson: «È importante parlare di alimentazione nella malattia di Parkinson», spiega l’esperta, «perché in questa malattia potrebbe esserci un’interferenza tra ciò che viene assunto, quindi tra i pasti assunti, e il farmaco che conoscete tutti essere la levodopa. Quindi bisogna cercare di ottimizzare una corretta alimentazione, per fare in modo che il farmaco venga assorbito e arrivi al cervello nella quantità giusta affinché abbia un’efficacia adeguata». E dato che la levodopa non viene assorbita dallo stomaco, ma dall’intestino, bisogna fare in modo di prestare attenzione a quei cibi che non agevolano lo svuotamento gastrico: «I fattori che rallentano lo svuotamento gastrico – precisa la dottoressa Iarlori – sono la presenza di grassi e fibre in un pasto nonché le proteine. Questi elementi fanno sì che questa pillola, la levodopa, arrivi più tardi e soprattutto in quantità minore a livello dell’intestino. Inoltre alcuni farmaci anticolinergici interferiscono con lo svuotamento, l’acidità gastrica – in eccesso o in difetto – può interferire, così come la stipsi (stitichezza). Se non c’è lo svuotamento intestinale, la levodopa non viene assorbita adeguatamente. Tutto ciò che rallenta l’assorbimento della dopamina, rallenta il suo arrivo al cervello laddove svolge la sua funzione».
È stato quindi il dietista e nutrizionista Matteo Giannuzzi a parlare dei cibi da abbinare, di come mangiare per fare in modo che lo stomaco sia solo un punto di passaggio per la dopamina, così che il farmaco arrivi nella dose giusta al cervello: «La dieta mediterranea, riconosciuta come patrimonio dall’Unesco – sottolinea il dottor Giannuzzi -, è la più utile e adeguata tanto per il soggetto sano che per quello malato di Parkinson. Questo perché alla base della dieta vi è l’attività sportiva, una giusta idratazione e il controllo del peso, affinché esso sia adeguato per età, statura e sesso. Al secondo gradino della piramide alimentare, ci sono gli alimenti di tipo integrale, grassi, oli vegetali e frutta e verdura. Questi alimenti devono essere assunti giornalmente e più volte al giorno. I cereali devono ricoprire almeno tutti e cinque i pasti giornalieri, gli oli e devono essere assunti con una frequenza di due volte al giorno e frutta e verdura devono ricoprire almeno le cinque porzioni. Salendo troviamo le proteine e i cibi che devono essere leggermente ridotti. Abbiamo il pesce, il pollame, le uova o latticini che devono essere introdotti con una frequenza settimanale e poi abbiamo anche le noci, i semi e i legumi i quali devono anch’essi essere introdotti con una frequenza settimanale, fino ad arrivare all’apice di questa piramide che ci indica quali sono gli alimenti da assumere con moderazione. Affinché la dieta mediterranea funzioni, i carboidrati devono ricoprire il 50-60% delle calorie giornaliere, i lipidi e i grassi devono ricoprire il 25% e le proteine il 10-15% a seconda delle esigenze che possono variare».
Non sono poi mancate alcune precisazioni sui cibi che è più corretto assumere: «Possiamo dividere carboidrati, grassi e proteine in semplici e complessi – puntualizza il nutrizionista -. I semplici sono quelli che fanno più “danno” e vanno assunti in maniera moderata. Parliamo di zuccheri come il saccarosio, lo zucchero da tavola, o anche il fruttosio e il miele perché abusare anche di frutta, nella quantità anziché nella qualità, può essere controproducente. Quindi i carboidrati semplici vanno sostituiti con i cereali, la panna, la pasta, il riso e le patate preferibilmente integrali, nonché con i legumi e le verdure. I grassi possono essere di origine animale, più dannosi e saturi, o di origine vegetale che dobbiamo prediligere giornalmente in quanto hanno diverse funzioni, come ad esempio i pesci ricchi di acidi grassi, omega tre o la frutta secca che è ricca di acidi grassi e omega 6. Infine abbiamo le proteine, che troviamo nelle carni, nei derivati di latticini, nel pesce, nelle uova, nei legumi e anche nella soia. Infine abbiamo le vitamine e i sali minerali, che sono i micronutrienti anch’essi importanti. Nella dieta a ridistribuzione proteica, un tempo chiamata dieta dissociata, sempre su base mediterranea, ha la particolarità di introdurre le proteine essenzialmente nella cena, in modo tale da lasciare più spazio di azione alla levodopa a pranzo, dato che la quantità maggiore di farmaco viene preso prima di pranzo e quindi può essere assorbito più velocemente e in quantità maggiore».